Il sale da cucina va usato con moderazione. Tanto più che in una dieta equilibrata può bastare quello già contenuto nei cibi. In occasione della Settimana mondiale per la riduzione del consumo di sale dal 12 al 18 marzo ne parliamo con il prof. Ettore Zuccato, a capo del Laboratorio di tossicologia alimentare del Dipartimento ambiente e salute all’Istituto Mario Negri di Milano che da anni collabora ai nostri progetti di benessere alimentare.
Prima di tutto cerchiamo di capire: il sale è utile o è pericoloso per la salute? «Il sodio contenuto nel sale è necessario alla vita. Svolge un'importante azione di regolazione del bilancio idrosalino ed è fondamentale per attivare la conduzione degli stimoli nervosi. Diete povere di sodio sono dannose per la salute e possono causare stanchezza e affaticamento muscolare. Nell’assunzione occorre quindi rispettare sempre il giusto equilibrio». Perché eccedere è facile: basti pensare che in Italia consumiamo più del doppio dei 5 grammi giornalieri consigliati dall’OMS. E i rischi sono dietro l’angolo, «dalla ritenzione idrica all’ipertensione alle complicazioni di natura cardiovascolare e cerebrovascolare». Ma come si possono ridurre i consumi? «Bisogna fare attenzione – spiega Zuccato – non solo al sale “visibile” che usiamo come condimento, ma anche a quello “occulto” che si nasconde nei prodotti di panetteria, nei salumi, nei formaggi e nei piatti pronti acquistati al supermercato. È questo sale, che oltretutto si trasforma in un potente generatore di dipendenza, che bisogna combattere».
Insomma, attenzione su tutta la linea. E bando a soluzioni di comodo: non esistono infatti sali più o meno dannosi. «Il problema è il sodio, non il sale in sé. Tutti i sali contengono sodio e quindi tutti i sali, se assunti in dosi eccessive fanno male, da quello dell’Himalaya a quello integrale. Anche il sale iodato, descritto talvolta come un toccasana, in realtà svolge una funzione specifica solo per diete carenti di iodio».